Note:
questo racconto è stato pubblicato nel quarto numero della Rivista
Letteraria Fralerighe
Crime
Pet
Society
“Lei ci va su Facebook,
Maresciallo?”
L’uomo che stava
parlando lo chiamavano Pozzo perché era nero nero come la morte,
compresa la voce.
Tuttavia aveva la fedina
penale meno sporca di quanto la gente credesse, tanto che, per
esempio, non aveva mai ammazzato nessuno.
Ma in fondo al pozzo è
buio, non si riesce a vedere e la gente non ha idea di cosa ci sia,
laggiù.
Tira a indovinare, spesso
sbagliando.
“Io no, ma so come
funziona”, fu la risposta di Bruno Savelli.
Aveva imparato in fretta
che, per ottenere quello che serve, bisogna dire il minimo
indispensabile e lasciar fare all’interlocutore.
Pozzo voleva collaborare,
ma voleva farlo a maniera sua.
Cosa gli costava
assecondarlo?
“Scommetto che è per
via di suo figlio”, proseguì imperterrito l'altro. “Anche per me
è così. Ci sta appiccicato tutto il giorno, scambiandosi cazzate
coi compagni di classe. A stare a sentire i ragazzini, però, si
imparano un sacco di cose.”
Pozzo fumava toscanelli,
proprio come lui.
Se ne accesero uno
ciascuno, in silenzio, rintanati ognuno nel proprio spazio vitale,
dove quel tratto d’unione era visto come una banale coincidenza.
Un paio di boccate e il
Commissario tornò a parlare.
“A me l’idea di
imparare dai ragazzini non piace, ma se lei dice che è possibile,
sono curioso di ascoltare qualcuna di queste perle di saggezza.”
Pozzo sorrise, il
Maresciallo pure, ma le coincidenze continuavano a restare solo
coincidenze.
Lo spazio vitale, per
gente come loro, ha il contorno preciso del ruolo assunto nella
società, e i ruoli sono fatti come le divise, stoffa rigida e linee
dritte.
Pozzo, invece, stava
recitando la parte del criminale spavaldo.
“C’è una cosa che mi
ha colpito, in particolare. Un gioco. Il gioco degli animaletti.”
“Pet Society. È
così che si chiama, se non ricordo male.”
“Sì, sì, proprio
quello, grazie.”
“Che c’è di
interessante in quel gioco?”
“Ognuno ha un animale,
che è amico solo degli animali delle persone che sono amiche sue.
All’inizio del gioco viene assegnata una casa piccola e con poche
cose. La casa fa parte di un paese con tanti negozi, tutti con roba
bella e costosa, e dalle case degli amici.”
"Come le villette
che stanno costruendo qua intorno.”
Pozzo annuì come fanno i
maestri di scuola durante le interrogazioni.
“Proprio questo è il
punto. Un paese fatto di singole case e di pochi negozi, tutti di
proprietà dei gestori del gioco. Sa come si guadagnano da vivere,
gli animaletti? Facendo visite e favori agli amici. Non un vero
lavoro, qui ti pagano se vai a trovare gli altri animaletti, se li
pulisci quando i proprietari se ne scordano. E più amici hai e più
soldi fai, rendendo più bella non la città stessa, ma l’interno
di casa tua.”
"Che sta cercando di
dirmi?
Il maresciallo Savelli
aveva capito dove stavano andando a parare, e quel posto non gli
piaceva affatto.
“Che lei può pure
arrestarmi, Maresciallo, e arrestare quelli per cui lavoro, e i capi
dei loro capi, ma non servirà a niente.”
Savelli sospirò
annoiato, Pozzo non era affatto il primo mafioso che arrestava a
parlare come il personaggio di un brutto film americano.
“Il sistema è stato
creato, ci importa solo della nostra casa e di guadagnare facendo
favori agli amici. Questa città è Pet Society, la controlla
chi l’ha costruita, a darle informazioni io non ci guadagnerei
niente, e tutto sommato nemmeno lei.”
Per questa parte Savelli
dovette riconoscere a Pozzo una certa originalità.
Anche l’interpretazione
era stata da Oscar, coi gomiti appoggiati alla scrivania e il
toscanello penzolante all’angolo della bocca.
“Torni a casa da suo
figlio, ci parli un po’ di più e si limiti a fare quel poco che le
garantisce di intascare lo stipendio mensile.”
Qui il maresciallo decise
che poteva bastare.
“La smetta.”, gli
intimò.
Pozzo mantenne la
posizione, imperturbabile.
“Lei ha un amico, lo
Stato, che la fa guadagnare poco. È zozzo come la morte, ma si fa
passare per uno splendore per non cacciare fuori le monete d’oro.”
Sembrava un venditore,
più che un criminale.
Uno di quei bottegai
vecchio stampo, che fanno finta di tenerti da parte il prodotto
migliore.
Pensando questo al
Maresciallo Savelli venne voglia di baccalà.
Sua madre lo andava
sempre a comprare da un norcino secco e lungo, che gli faceva una
paura tremenda.
Senza nemmeno rispondere
a quella provocazione diede l’ordine di portare via Pozzo.
Rimasto solo si affacciò
alla finestra, tormentando il mozzicone di toscanello coi denti.
Pensò al quartiere dove
abitava, una lunga via isolata puntellata da bifamiliari giallo
senape.
Il giorno in cui l’aveva
comprata sapeva benissimo a chi stava regalando i suoi soldi, ma
ignorò volutamente la questione per via del prezzo più basso che
era riuscito a strappare all’agenzia immobiliare.
Non sapeva se la storia
del gioco fosse vera, ma la sensazione che il suo lavoro gli
procurava, negli ultimi tempi, era quella di essere un animaletto dai
movimenti limitati.
Schiacciò il mozzicone
in un posacenere a forma di Colosseo, regalo del figlio andato a Roma
in gita scolastica l’anno prima.
La giornata era lunga, e
forse con un caffè sarebbe apparsa meno dura.
Bruno Savelli non era
uomo da dubbi universali: animaletto o no sapeva che l'unica cosa che
poteva fare era continuare il proprio lavoro.
Di proposte come quella
di Pozzo ne avrebbe ricevute altre: bastava ignorarle.
O almeno così sperava.