martedì 9 settembre 2014

Scrittura al Cinema: Fleming. Essere James Bond, non Howard Stark

Alla voce: faccia come il culo

Spezzo subito una lancia a favore dei produttori: portare sullo schermo la vita di Ian Fleming non era impresa semplice, anzi.
E non è che abbiano proprio fallito, anzi.
La vita del papà di James Bond è molto più simile a quella della sua creatura letteraria di quanto si possa immaginare, quindi ci sta che una serie che voglia omaggiarlo finisca per giocare, inevitabilmente, con citazioni e rimandi.
A patto, però, che i piani rimangano separati e, viste le due prime puntate, direi che l'impressione che ne ho ricavato non è esattamente questa: il giovane Fleming sembra una brutta imitazione di Bond, non il suo archetipo, e la serie stessa sembra uno scimmiottamento della saga cinematografica, più che la rappresentazione del contesto che l'ha generata.
C'è M, c'è Moneypenny, c'è l'agente scavezzacollo con licenza di uccidere che combatte contro cattivi cattivissimi, c'è un bel cast e l'inevitabile battuta sul Martini (sprecata troppo presto, a mio avviso), ci sono donne, c'è il lusso, c'è tutto quello che vi pare ma se l'idea di base era quella di far conoscere allo spettatore medio di Skyfall dove e come il mito di Bond ha avuto origine, l'obiettivo è stato fallito.
Perché, appunto, la storia di Fleming è stata incasellata nello schema-Bond, e non narrata con la libertà che avrebbe meritato, sondando profondità e rimarcando differenze.
L'Ian che si è visto nelle prime due puntate è un personaggio privo di spessore, esattamente come privo di spessore è Bond, che però si portava appresso un corollario di interpretazioni e significati che ben espresse Umberto Eco in un celebre saggio.
Bond è il cavaliere senza macchia e senza paura, è l'ingranaggio che fa muovere il film, Fleming era un uomo vero e molto tormentato.
Bond è il braccio armato che esegue ordini senza discuterli o interrogarsi sulla loro natura, Fleming era una pecora nera in cerca del suo posto in una famiglia a dir poco ingombrante.
E in un mondo che stava per conoscere la pagina più nera della storia del Novecento.
Non si può raccontarli usando la stessa struttura narrativa.
Insomma, capiamoci: non sto bocciando la serie in sé (più che godibile), è solo che mi aspettavo qualcosa di diverso.
Qualcosa che rendesse giustizia a quell'uomo che vide scipparsi l'alter ego dal suo interprete scozzese prima e dall'immaginario collettivo poi, e che rimase unico anche e soprattutto per la volontà di godere della vita fino in fondo.
Altro che Bond che, quando Mamma Inghilterra chiama, torna all'ovile.

"Ciao, Dominic. Apprezzo lo sforzo."

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